Attraverso
le lettere Antonio Lombardi svolgeva una vera forma di apostolato:
annunziava
la fede attraverso la cultura.
Catanzaro,
2 novembre 1945
Don Paolo Aiello e Antonio Lombardi |
Mio carissimo,
è impossibile che chi cerca la
verità non la raggiunga. Se la cerca, vuol dire che l’ama, e se l’ama già la
possiede in qualche modo. Ma la verità è Dio. Se togli Dio, io non vedo quale
altra verità ti resti. Non mi pare che la materia possa essere verità per se
stessa, verità che basti a se stessa. Del resto, se anche a te, da quel che tu
stesso mi scrivi, pare che possa essere detto con ragione che l’esistenza della
materia debba esser preceduta dall’esistenza di un essere che sia
essenzialmente pensiero, come faresti poi ad essere materialista e d’altronde,
se tu trovi difficoltà di ammettere l’unione dell’anima col corpo, perché,
d’altra parte, la soluzione materialistica di quella difficoltà dovrebbe essere
contro Dio? Tu puoi per tuo conto risolvere materialisticamente la questione, e
credere nondimeno in un Dio creatore della materia. E quando poi avrai creduto
in Dio, come forse credi, allora ti sarà facile intendere che la potenza di Dio
è sempre superiore alla nostra possibilità di comprendere, e non ti lascerai
fuorviare da nessuna difficoltà. E ti pare giusto che noi dobbiamo negare Dio
per qualunque intoppo incontriamo nel nostro cammino? Ciò significherebbe che
noi stessi ci reputiamo infallibili e divini, e che sia vero solo quello che ci
par comprensibile, e falso tutto quello che noi non comprendiamo. Ma quante
cose ci sono sembrate contraddittorie e poi abbiamo viste essere del tutto
logiche e conseguenti? Noi non possiamo presumere di giudicare la verità che in
un solo modo, vale a dire: siccome è ovvio che la nostra mente può sempre
cadere in errore, così è evidente che essa non si può erigere a giudice supremo
di verità ma deve credere in una verità suprema e al di sopra di lei.
Passiamo ora alla difficoltà che mi
proponi. La tua considerazione più generale è che “lo spirito deve avere in
comune con il cervello qualche quid
che lo imparenta (lo rende simile) a quest'ultimo”. Altrimenti, secondo te, “il
contatto delle parti non si può spiegare”. Io ritengo che nessuna persona
veramente saggia abbia mai potuto negare che tra lo spirito e il corpo vi debba
essere una qualche somiglianza. Non solo nella natura corporea noi osserviamo
che le cose non sono mai del tutto dissimili, ma dobbiamo convenire che anche
tra una natura divina e quella del mondo sarebbe addirittura stolto non
concepire una qualche somiglianza. Dio è un essere completo, infinito, che ha
nella sua unità tutte le possibilità dell'essere; l'essere corporeo, invece, è
finito, limitato, manchevole. Nondimeno l'uno e l'altro sono essere. Ed è appunto che Dio possiede
nella sua natura la completezza dell'essere, che Egli può essere il Creatore di
ogni ente.
In quanto poi alla somiglianza,
anch’essa necessaria, tra lo spirito e il corpo, ti ricorderò, giacché tu
stesso ti richiami al mio libro, quello che io scrivevo nella Critica delle Metafisiche: “In ogni
corpo noi apprendiamo una qualche somiglianza con lo spirito, poiché, quando
diciamo spirito, intendiamo questo almeno: che esso è, e che quindi si oppone
come il corpo a ciò che è (pag. 71). Infatti, se lo spirito, nella ipotesi, è
qualche cosa, deve pure affermarsi in quello che è, nel suo essere, nella sua
sostanza, nella sua potenza, nella sua attività, e in questa sua affermazione
deve certo assomigliarsi al corpo, che anch'esso si afferma in ciò che è e in
ciò che possiede. Se in qualche luogo io faccio valere la dissomiglianza dello
spirito dalla materia, ciò viene fatto contro coloro che dello spirito e della
materia vorrebbero che si facesse addirittura una medesima cosa; come chi
volesse dire che il cane e il gatto, solo perché sono simili per essere
entrambi animali o mammiferi, fanno anche una medesima specie: il che è falso.
Tu vedi dunque l'armonia mirabile dell'universo, dove nell'infinita verità
delle cose, è nondimeno una fondamentale somiglianza, derivata da quel primo
principio che è suprema unità di tutte le cose. Non v’ha forse maggiore inganno
nella filosofia che voler separato del tutto il mondo corporeo da quello
spirituale, la creatura dal suo creatore, relegando in un'assoluta estraneità
la fonte stessa di ogni vita e di ogni esistenza. Ricorderai le parole
dell'Apostolo, che in Dio noi viviamo, ci
muoviamo e siamo. I grandi mistici della Chiesa, che sentirono il legame
d'amore che corre tra loro e Dio, compresero, e sperimentarono anzi,
quest'armonia dell'esistenza.
In riguardo all'essere, l’armonia
consiste in quella gradazione che da essere infinito completo, pieno, discende
per le creature spirituali sino all'essere infimo della materia. Donde avviene
anche che le creature che hanno più di essere, tanto maggiormente possono
operare sulle altre. Soprattutto Dio, che possiede la pienezza dell'essere, può
operare universalmente e direttamente su tutte le creature.
Da queste considerazioni generali
possiamo ora passare a quelle più particolari. Tu scrivi: “Io vorrei che mi
spiegaste come due nature o enti così eterogenei quali l'intelletto o spirito e
la materia possano essere uniti e venire a contatto”. E tu intendi
evidentemente l'unione dell'anima spirituale con il corpo nell'umana natura. Tu
sai che nella seconda metà del secolo scorso, in connessione con la dottrina
dell’evoluzionismo, fu molto dibattuta la questione se la vita fosse sorta per
l'evoluzione della materia, ovvero fosse una creazione speciale nella natura.
Ora non c'è proprio da adombrarsi, anche se alcuni spiritualisti non abbiano
saputo riguardare la cosa imparzialmente, nell'ipotesi che fa sorgere la vita
dalla materia. Gli scrittori della chiesa hanno sempre ritenuto “come possibile
il nascere di organismi reputati infimi e imperfetti dagli elementi della
natura” (Critica delle metafisiche, 334). La difficoltà esiste esclusivamente nel
campo scientifico, in quanto non si è potuto ancora accertare il sorgere della
vita dalla materia. Dopo i magnifici esperimenti di Pasteur, non si è potuto
ancora sperimentalmente contraddire a quella specie di legge, che è il vivente
nascere dal vivente. Se da qualunque materia si possa sviluppare la vita,
ignoro se sia vero; però è certo in ogni caso che la vita e la materia si
possano perfettamente congiungere. Come vedi, la vita non inerisce solo a Dio
né solo alle creature spirituali, ma inerisce anche alla materia: la vita con
le sue operazioni non può certo esistere senza un oggetto cui inerisca. Ma
questo soggetto può ben essere un ente materiale. E qui noi possiamo
contemplare il caso che ci riguarda da vicino. Nell'ipotesi di una sostanza
spirituale, cui naturalmente inerisce la vita, che difficoltà c’è ad ammettere
che, in determinate condizioni, quella sostanza possa, per mezzo del suo
principio vitale, congiungersi alla materia? Nella Critica scrivevo: “Coloro a cui parve impossibile che l'anima
potesse essere la forma sostanziale del corpo, non considerarono che ogni
spirito è anima, è innanzitutto vita” (pag.208). È in tal modo che noi diciamo
che l'anima intellettuale si unisce alla materia dell'uomo e lo informa;
potendo tuttavia sopravvivere alla dissoluzione del corpo, in quanto ha una
natura propria, se la vita si può partecipare alla materia, perché dunque una
sostanza spirituale, e però vivente, non potrebbe essere principio di vita
nella materia? E credi tu che nell'ipotesi materialistica si possa veramente
spiegare l'intelletto e la vita come una estrinsecazione
del cervello o della materia? Tutta la materia è essenzialmente vivente, e
allora la vita non viene dalla materia, perché è stata primieramente insieme con
essa; ovvero non tutta la materia è essenzialmente vivente, e neanche allora la
vita può sorgere dalla materia in quanto materia, ma, in quanto nella materia,
o in alcune materie, v’è un principio e una disposizione alla vita. E a tal proposito
scrivevo: “E’ necessario infatti che vi siano degli agenti o principi attivi,
senza di che la vita rimarrebbe in eterno allo stato virtuale; d'altra parte è
necessaria una disposizione o potenzialità della materia, senza di che i
principi attivi non potrebbero nulla operare” (ibid. 334). E in quanto alla
conoscenza dell'intelletto in particolare, essa non è che quale estrinsecazione
del cervello; non si può spiegare neppure quale conoscenza sensitiva. “Le varie
teorie associazionistiche”, scrivevo ancora nella Critica, “fisiologiche e fisiopsichiche, non possono mai costruire
sui sensi la coscienza intellettuale, poiché tutte le impressioni, le tracce,
le influenze, le relazioni e le correnti che le sensazioni determinano sui
centri nervosi, sulle fibre o sulle cellule non sempre individuate nella
materia, non valgono mai a suscitare quel tipo universale delle forme, che non
è sensibile, ma intellettuale ed astratto (342)”.
A me pare che definire l'intelletto
una estrinsecazione del cervello, o la vita una estrinsecazione della materia,
sia piuttosto un voler chiudere gli occhi sulle difficoltà, che un superarle.
Il pensiero e la vita, le stesse elementari sensazioni, anche se noi le diciamo
una estrinsecazione della materia, restano però di fatto una cosa ben diversa
dalla materia. Il sentire e il pensare sono forse materia? Anche se congiunti
in qualche modo dalla materia? La sensazione e il pensiero sono cose talmente
nuove rispetto alla materia e alle sue modificazioni, che essi non si possono
spiegare se non con una potenza primigenia, alla quale si riferiscano in egual
modo e l'esistenza della materia e quella della vita che alla materia è
congiunta. La vita può sì essere congiunta alla materia e in tal modo può dirsi
che la materia può avere in sé la vita; ma la possiede, senza che però valga a
giustificarla a quel modo che noi possediamo il nostro corpo e, nondimeno non
da noi l'abbiamo fatto, adesso ci sta innanzi quasi a noi straniero.
D'altronde, tali considerazioni
sull'impossibilità della dottrina materialistica di spiegare questo ed altro,
non vengono soltanto da noi, se proprio colui che, nella seconda metà del
secolo scorso, parve maggiormente dominare il campo delle scienze positive ed
evoluzionistiche, vale a dire lo Spencer, credette di cominciare la sua opera
con una parte dedicata a L'inconoscibile,
dove appunto viene dimostrato che il materialismo non può risolvere i massimi
problemi della filosofia. Questa parte dello Spencer è ancora assai
interessante, ed è, si può dire, la sola cosa di lui che sia rimasta viva. Il
mistero della vita e del pensiero non si può risolvere che in Dio, il quale,
essendo per essenza vita e pensiero, ha potuto comunicare alle cose l'essere e
la vita e il pensiero. All'ipotesi che affacci della possibilità che lo spirito
sia un’estrinsecazione del cervello, tu aggiungi: “altrimenti come si
spiegherebbero gli effetti che, per esempio, la tiroidina ha sul cervello di
potenziarne o meno le sue facoltà”?
Per conto mio, ritengo che nulla è
nell'intelletto che prima non sia nei sensi, e che pertanto l'intelletto non
possa giudicare se non in riferimento alla conoscenza sensibile, ai dati che i
sensi gli offrono. Dal che si vede che la capacità di comprendere non dipende
solo dalla potenza in sé dell’intelletto, ma anche dalla materia del giudizio
secondo che sia poco o molta, buona o cattiva. Così il medesimo ingegno,
incapace a risolvere un determinato problema in base a determinati elementi, saprà
poi risolverlo agevolmente ove abbia
alcuni elementi di giudizio, o siano rimossi, fra i primi elementi, quelli che
eventualmente fossero stati cagione di errore e falsità nel giudizio. In tal
modo tutto ciò che può mutare la conoscenza sensitiva, mutando la forma e la
vivacità delle immagini e delle sensazioni, può mutare anche la conoscenza
intellettuale, sì che il giudizio dell'intelletto può venir falsato rispetto
alla verità, che le cose erano nate ad avere in ordine all'intelletto.
Non aggiungo altro, che già la
lettera è troppo lunga. Ma vorrei che tu ti persuadessi che tutte le ragioni
dell'uomo sono deboli, e che questa è la principale ragione per cui egli debba
credere in Dio. Credi tu di essere sicuro delle tue ragioni? La filosofia non
ha ancora potuto progredire rispetto alle parole di Socrate: “Questo solo io
so, di nulla sapere, e in questo sapere c'è Dio. Ti abbraccio.
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