venerdì 3 maggio 2013

22. ANTONIO LOMBARDI, UN FILOSOFO SANTO


di Luigi Mariano Guzzo
Luigi Mariano Guzzo con Sebastian Ciancio e il Cardinale Ravasi

E poi ci sono loro: i santi della porta accanto. La città di Catanzaro ha le sue aureole conquistate sul terreno di una santità incarnata tra le gioie e le fatiche, le attese e le delusioni, le speranze e le angosce della vita di tutti i giorni. “La parola non basta più: servono l’immagine, la rappresentazione, il frutto maturo di un’esperienza visiva, di un contatto concreto con la Persona viva del Signore”, aveva detto in Cattedrale l’arcivescovo metropolita di Catanzaro–Squillace Vincenzo Bertolone nel giorno del suo insediamento, il 29 maggio 2011, impegnandosi a “dare un forte impulso alle cause di beatificazione e canonizzazione”.  Tra le tante - Cassiodoro, Concetta Lombardo, Maria Antonia Samà, Nuccia Tolomeo, padre Francesco Caruso - spicca quella del filosofo Antonio Lombardi, di cui il 15 dicembre ricorre l’anniversario della sua nascita.
Ricordare la figura di Lombardi significa fare memoria di un’avventura terrena impastata di amore e santità, cultura e fede, storia e devozione. Un’avventura che, per l’appunto, comincia proprio tra le caratteristiche rughe del centro storico cittadino, in un elegante palazzo di Largo Sant’Angelo nel 1898. Antonio è il rampollo di una importante famiglia della media borghesia catanzarese. 
Casa Lombardi a Catanzaro: Dall'arco l'entrata; la casa è al primo piano; il primo balcone è quello dello studio dove il Servo di Dio Antonio Lombardi muore
Il padre Nicola è un prestigioso avvocato e un impegnato politico socialista che siederà per quattro volte in parlamento (nel 1913, nel 1919, nel 1921 e nel 1924). Nonostante la mamma Domenica sia cattolica, Antonio sente molto l’influenza paterna e cresce alienato dall’esperienza di fede, pur avendo ricevuto il sacramento del battesimo. Dopo la laurea in Giurisprudenza a Roma decide di affiancare il padre nell’attività forense. Ma è proprio in questo frangente che due eventi sconvolgono l’animo del promettente avvocato e gli aprono la strada della conversione: il primo, una grave malattia cardiaca che lo porta ad una lunga convalescenza; il secondo, la morte della giovane Teresa Mussari, una vicina di casa per la quale Antonio prova un ricambiato sentimento di affetto. La finitudine della condizione umana, quindi, conduce Lombardi ad abbandonare la pratica legale e ad interrogarsi sulle domande di senso dell’esistenza. Un moto interiore insomma che lo incammina, da un lato, verso l’adesione convinta al vangelo di Cristo e l’impegno coerente nella comunità civile, dall’altro, verso l’approfondimento metodico e appassionato della filosofia.
A parte i numerosi scritti pubblicati su L’Osservatore Romano e su altre riviste specialistiche e giornali locali, l’opera prima che fa conoscere Lombardi e lo porta all’attenzione del panorama filosofico italiano è “Critica delle metafisiche” edita da Bardi di Roma nel 1940 che segna certamente il punto più alto della sua speculazione tomistica (seguiranno poi “Psicologia dell’esistenzialismo” nel 1943 e “La Filosofia di Benedetto Croce” nel 1946). Egli confuta analiticamente le teorie di Bruno, Spinoza, Kant, Hegel, Nagarjuna, Asanka, Cankara, Tagore, Lao-Tse, Chuang-Tse, Chu-Hi e si muove con destrezza tra l’Occidentale e l’Oriente, ponendo come architrave del proprio impianto filosofico il pensiero cristiano. Sul finire degli anni ‘40 scrive anche un’opera rimasta poi inedita per la morte che lo coglie il 6 agosto del 1950, a soli cinquantadue anni d’età.“Da Platone a Stalin”, il titolo del saggio che fa cogliere a pieno l’attualità del pensiero anche politico di Lombardi riguardo ai temi della giustizia sociale su scala planetaria e quindi, diremmo oggi, della globalizzazione. E tra gli inediti ancora non si può non ricordare il testo di “Filosofia delle rovine” nel quale egli in una sorta di intimo diario intende descrivere l’orrore dei bombardamenti che colpirono la città di Catanzaro, ma pure il sentimento di speranza che anima il cuore dell’uomo di fronte alle atrocità della guerra.
Ingresso di Fondazione Betania Onlus ex Opera pia in Charitate Christi
Sul campo dell’impegno sociale e civile veste i panni, su espressa richiesta dell’arcivescovo Fiorentini, di presidente diocesano dell’Unione Uomini di Azione Cattolica e di commissario dell’Orfanotrofio “Giuseppe Rossi”. In più partecipa alla Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli e si impegna nella costituzione dell’Opera Pia “In Charitate Christi” che oggi è conosciuta con il nome di Fondazione Betania. Ed è pure sul piano educativo che si distingue il Lombardi con una serie di conferenze di “cultura cristiana” e con la vicinanza reale agli studenti cattolici del gruppo Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) che in quegli anni muove i primi passi: con questi ragazzi nel 1949 darà vita, nella sua abitazione, al circolo culturale “Studium  per “contribuire al progresso insieme spirituale e materiale della nostra regione”, come si legge nella lettera di presentazione dell’istituto. La porta di casa Lombardi è sempre aperta nell’accogliere i più poveri e meno abbienti della città: un pasto caldo, una parola di conforto, un pizzico di attenzione per chi dalla società è rinnegato e scartato. Testimonianze raccontano del filosofo, novello Poverello d’Assisi, che spesso torna a casa senza scarpe perché donate a qualche mendicante incontrato lungo Corso Mazzini. Nel 1944 su L’Idea Cristiana lancia un grande “Appello alla carità” nel quale afferma che “chiunque deve porgere l’aiuto fraterno a chi è più povero di lui”.
Ma è soprattutto un uomo di preghiera. In effetti c’è nell’esistenza terrena di Antonio Lombardi, costellata da rapporti d’amicizia ed epistolari con frate Giuseppe di Maggio, don Francesco Mottola, Jacques Maritain, padre Agostino Gemelli, Giorgio La Pira, Vito Giuseppe Galati, una continua tensione tra preghiera, studio e impegno sociale. La vita contemplativa di Lombardi è provata da un forte esercizio di ascesi interiore che lo conduce quasi ad uno svuotamento di sé per far posto nel suo cuore ad un amore più grande che lo assorbisce completamente. E basta leggere le sue agende personali per capire la scelta di campo che connota la sua esperienza spirituale: “Non volere piacere né a sé né agli altri, e solo a Dio”, scrive nel dicembre del 1936.
Padre Pasquale Pitari, promotore di giustizia del Tribunale ecclesiastico, che sta lavorando per la causa di beatificazione aperta nel 1999 e ormai in via di definizione, spiega: “Ciò che porta alla santità il Lombardi non è tanto l’ingente mole dei suoi scritti, il suo stile chiaro e lucido o le sue idee profonde, ma l’animo con cui ha espresso il suo impegno. Egli operava e scriveva, pregando e amando, per il trionfo di Dio nella vita e nella storia. Il suo animo era ricco di zelo apostolico: era un vero apologeta; ossia voleva dimostrare con la ragione che solo il cristianesimo da un’autentica risposta alle varie esigenze dell’uomo e del pensiero”. 
“In Dio è la Verità - continua padre Pitari - e nel Vangelo i principi del vivere civile. Confrontando analiticamente le varie scuole filosofiche occidentali e orientali con il cristianesimo, il Lombardi ha tentato, notandone le convergenze e le divergenze, di fare emergere la bellezza e la profondità del pensiero cristiano rispetto a tutte le altre filosofie. Nel suo cuore c’era un animo essenzialmente apostolico: voleva portare tutti a Dio con la preghiera, avvalorata dalla forza del pensiero speculativo. Fu un impegno duro condotto con umiltà e semplicità di cuore, fino alla morte”.
La santità di Antonio Lombardi è insomma la proposta concreta di un filosofo della nostra terra che ha vergato con la sua esistenza una pagina di Vangelo. In città ancora oggi le spoglie mortali nella Cattedrale, una lapide e una stele a Largo Sant’Angelo, la biblioteca della Curia arcivescovile, una via di un’arteria principale, parlano di lui: un uomo, semplicemente un uomo, che si è fatto Servo di Dio per amore del prossimo. A gloria, onore, lustro e vanto di Catanzaro.



                                                          Articolo di Padre Pasquale Pitari su "Comunità Nuova"

Perché Antonio Lombardi santo?

La stele con il volto di Lombardi rivolto al cielo
E’ legittimo chiedersi: perché Antonio Lombardi santo?
Tento di rispondere, partendo dalla vita. Egli, avvocato-filosofo catanzarese, nacque il 15 dicembre 1898 e morì il 6 agosto 1950. La sua casa era a Largo Sant’Angelo, vicino la chiesa di san Giovanni Battista. Fino al 1927 visse lontano dalla fede e dalla chiesa. Dopo l’esperienza dolorosa di una sua malattia cardiaca e la morte nel 1929 della ragazza che amava, Teresa Mussari, Antonio incontrò Dio e riscoprì la gioia e la ricchezza della fede. Fece, quindi, della fede il motivo principe della sua esistenza.  Avendo cercato e trovato la verità in Dio, Lo servì impegnandosi nella cultura e a favore dei poveri. Nelle azioni e nelle opere fu, così, un profeta dell’amore di Dio. Devotissimo del Cuore di Gesù, della Madonna, di san Giuseppe, partecipava giornalmente alla santa Messa nella chiesa del Monte o nella chiesetta di sant’Anna e recitava il rosario. Curava la sua vita spirituale, sotto la guida di Padre Francesco Caruso, facendo quotidianamente propositi di santità per piacere a Dio, evitando ogni minimo peccato veniale e impegnandosi a servizio della Chiesa, degli uomini e soprattutto dei poveri. Per la sua altissima testimonianza di fede il 1 dicembre 1941 Mons. Fiorentini lo nominò Presidente diocesano dell'Unione Uomini di Azione Cattolica; nel 1944 fu presidente dell’Istituto “Rossi”, che raccoglieva bimbi orfani e indigenti, segnati dalla guerra, dalla povertà e dalle sofferenze più diverse. Come membro della Conferenza di san Vincenzo, ogni mattina faceva, in modo discreto, la spesa per alcune famiglie povere. Una volta ritornò a casa scalzo, avendo dato le sue scarpe a un povero. Ricorda la sorella Adelaide: “Un giorno di pomeriggio, durante una nostra passeggiata verso Siano, vedemmo un giovane giornalaio che stava per buttarsi dal ponte. Nino con buone maniere e buone parole lo convinse a desistere dall’idea e lo fece venire con noi”. Collaborò con Don Giovanni Apa e col dottore Raffaele Gentile nel dare risposta ai poveri del dopo guerra con l’avvio dell’Opera Pia “In charitate Christi”, e istituì anche un ricovero per ciechi. Era così appassionato per gli ultimi che il 6 dicembre 1936 scrisse nella sua Agenda questo proposito: “Avvicinare i poveri più abietti e quelli la cui vicinanza ci umilia maggiormente agli occhi del mondo: stravaganti, pazzi, ecc; poiché con la pazienza e la carità, che si esercita verso di questi, il Sacro Cuore ci vuole affidare il dono della perfezione”.

Carità nell’impegno culturale

Questo suo “impegno caritativo” raggiunse l’apice nell’impegno culturale. Il primo postulatore, Don Armando Matteo, giustamente scrisse un articolo su Lombardi, dandogli come titolo: “La carità della sapienza”.
Il 1940 diede alle stampe la sua opera più importante: Critica delle Metafisiche. A cui seguì la pubblicazione di altre opere: La filosofia di Benedetto Croce, La psicologia dell’esistenzialismo e Atteggiamenti del pensiero italiano contemporaneo. Il Lombardi scrisse altre opere che furono inedite: Da Platone a Stalin, La filosofia indiana, La filosofia delle rovine, e un’opera di 550 pagine dattiloscritte sul materialismo, l’evoluzionismo e le religioni. Tantissimi, poi, furono gli articoli pubblicati sull’Osservatore Romano, su L’idea cristiana  e altre riviste di filosofia. L’impegno culturale lo portò a collaborare  dal 1942 con la FUCI. Nel 1949 avviò nella sua stessa abitazione il circolo "Studium" per la formazione culturale dei giovani.
Ciò che porta alla santità il Lombardi non è tanto l’ingente mole dei suoi scritti, il suo stile chiaro e lucido o le sue idee profonde, ma l’animo con cui ha espresso il suo impegno. Egli operava e scriveva, pregando e amando, per il trionfo di Dio nella vita e nella storia. Il suo animo era ricco di zelo apostolico: era un vero apologeta; ossia voleva dimostrare con la ragione che solo il cristianesimo da una autentica risposta alle varie esigenze dell’uomo e del pensiero. In Dio è la Verità e nel Vangelo i principi del vivere civile. Confrontando analiticamente le varie scuole filosofiche occidentali e orientali con il cristianesimo, il Lombardi ha tentato, notandone le convergenze e le divergenze, di fare emergere la bellezza e la profondità del pensiero cristiano rispetto a tutte le altre filosofie. Nel suo cuore c’era un animo essenzialmente  apostolico: voleva portare tutti a Dio con la preghiera, avvalorata dalla forza del pensiero speculativo. Fu un impegno duro condotto con umiltà e semplicità di cuore, fino alla morte.

Degno difensore della Chiesa

Così scrisse nella sua Agenda il 19 marzo 1938:
“San Giuseppe, metto questo mio lavoro, e in ispecie il capitolo contro Hegel, sotto la vostra speciale protezione, al fine che io possa portarlo a buon compimento. Essendo voi il patrono della Chiesa universale, fate che questo lavoro sia per lo scritto e per la dottrina degno difensore della chiesa. Ottenetemi uno spirito di carità nell'eseguirlo, una penetrazione perfetta e luminosa, una parola facile e senza asprezze, eloquente senza retorica. Ottenetemi uno spirito di pazienza e di perseveranza. Per il nostro Signore Gesù Cristo”.
Quando le fibrillazioni del cuore si fecero sentire in modo preoccupante, alcuni mesi prima della morte, scrisse nella sua Agenda il 17 dicembre 1949: “Rivolgere il pensiero a Dio, che solo da un senso alla vita, a qualunque vita, a quella dell'ammalato come a quella del sano. Pensare che in ogni cosa è assai probabile che io abbia qualche anno sopportabile di vita (se non avrò timore), e che in questo tempo potrò riordinare le mie cose, le mie carte e l'anima mia. Animo, dunque. Canta, diceva Sant'Agostino”.
Dio era diventato l’unica ragione della sua vita. Aveva scritto nell’Agenda il 7 maggio 1932: “Io non dovrei per nessuna ragione irritarmi per alcun interesse materiale… giacché io debbo, in qualche modo, reputarmi al di fuori della vita”.
Fare la volontà di Dio era il suo impegno principe.  Tentò di essere sempre fedele a questa sua promessa: “Io protesto, o mio Dio, di voler essere sempre sottomesso alla tua dipendenza”. Così morì abbandonato nelle mani di Dio.
Nell’ultima lettera al suo amico fra Giuseppe di Maggio, una settimana prima di morire, scrisse: “Sono in uno stato di prostrazione e di sofferenza estrema. Io mi conforto nella speranza che Iddio mi perdoni dei peccati, ed entri nella pace e nella dolcezza del paradiso. Pure sono rassegnato alla volontà di Dio, anche se debbo ancora soffrire”. Morì soffrendo particolarmente l’arsura della sete, come Gesù sulla croce, mentre scherzosamente diceva: “In paradiso troverò finalmente una fontana per dissetarmi”.
Vito Galati, in L’Osservatore romano, n.51, 3 marzo 1962, supplemento settimanale, così ha ricordato il suo amico: “Antonio Lombardi era uno spirito tutto concentrato nella contemplazione di Dio […] I diari della sua vita, che abbiamo potuto consultare presso la famiglia, dischiudono orizzonti mistici, che fanno meditare su un’esistenza di rinunzia e di purificazione interiore, degna di un cristiano che ascende, senza soste, verso la pienezza dell’amore”.
Questi sono i motivi perché la Chiesa può elevare Antonio Lombardi verso gli onori degli altari e presentarlo ai fedeli come un modello di fede vissuta e testimoniata nella carità della sapienza.
La causa di beatificazione, iniziata il 1999,  sarà ultimata il 2013.
 


1 commento:

  1. Poichè grande è la potenza dello Spirito che anima anche me su quella strada che ci rende liberi se la percorriamo con la dignitosa esperienza dell'esistere che è chiave per dare quanto ricevi,pur nelle condizioni difficili in cui ,oggi,le società si trovano, ecco che il mio riconoscere mio zio Nino mi porta in quel campo dove debbo realizzare l'"opera" che mi convince dandomi al cuore quanto sto imparando ogni giorno.
    Molte macerie percorro e ciò malgrado vado avanti circondato da amore ,quello che non sapevo così importante per ogni cittadino del mondo .
    Scopro che solo l'armonia è vicina alla profonda saggezza dell'animo e che l'amore degradato e distratto che ho dato anche a me ,è quanto non possiamo negare per fare del paradosso di Moebius un segno di verità all'incontro col 3,14.
    Questo è l'incastro di verità per me che cerco il senso della vita cercando di riordinarlo con quanto mi insegnano le fisiche con la neurologie ,neuro formi insufficenti.
    In questo mi danno forza gli studi che faccio sulla mente che il cervello produce per me e credo che questi,ora,sia sufficente per la coscienza mia,sociale ed anche personale.
    su questa debbo lavorare per dare alla mia coscienza quella consapevolezza "che inender non lo può chi non la prova".
    la prova oltre Parmenide,spero e faccio,oltre il dubbio per giungere oltre ,così imparando spes che diviene spem per quanto possiamo.

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